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Kenya vieta Stories of Our Lives

Il documentario LGBT Stories of Our Lives, è stato ritenuto “contrario alle norme e ai valori del Kenya”


Articolo di Alessandro Zoppo, pubblicato il 13 ottobre 2014 su play4movie.com

Fa discutere la scelta del Kenya Film Classification Board di vietare il documentario LGBT Stories of Our Lives. Secondo l’organizzazione che regola la classificazione dei film nel paese africano, il lavoro diretto dal collettivo NEST è stato ritenuto “contrario alle norme e ai valori del Kenya”. Presentato al Festival di Toronto, Stories of Our Lives è composto da cinque cortometraggi e si basa sulle vere storie di persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender.

Stories of Our Lives

Il Board ha citato “l’oscenità, le esplicite scene di attività sessuali e la promozione delll’omosessualità” come ragioni principali della censura. In Kenya l’omosessualità è considerata un crimine e l’attivismo pro-LGBT può costare una condanna fino a 14 anni di prigione. “Il film trasgredisce ‘le norme e i valori nazionali’?Stories of Our Lives è un film sulla gente, sulla co-esistenza, sul trovare l’amore e sull’appartenenza”, ha commentato il collettivo. “Abbiamo realizzato questo progetto per aprire un dialogo sulle identità, su ciò che significa essere keniani ed essere diversi. Imponendo una restrizione su questo film, il Board ha scelto di cancellare questo inevitabile confronto”.


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Io non sono un mezzo di trasporto

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Da anni la Fiat crea spot per l’utenza italiana a base di donne sexy. Di quest’anno è la réclame della Lancia dove aleggiano leggiadre e sessualizzate donne-animali. Il claim è “seducente per natura”.Quello della Panda del 2011 presenta il rapido susseguirsi delle immagini di donna sexy e disponibile e dell’automobile, suggerendo un parallelo tra l’auto e una prostituta di alto rango. Una voce maschile dice: “Quella che vedete non è una escort” mentre compare una donna in tacchi alti. Subito dopo appare l’automobile. La voce continua: “Al contrario di una escort ha un prezzo fisso per tutti”.Da qualche tempo viene mandato in onda in Italia anche lo spot creato l’anno scorso dalla Fiat per il Super Bowl, evento sportivo statunitense di grande risonanza. L’identificazione della donna con l’automobile qui è completa:http://youtu.be/fMjavRu4v5c

Alle segnalazioni di protesta arrivate all’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (Iap) è seguito da parte dell’organismo di monitoraggio e controllo della pubblicità una risposta che ha dell’assurdo. Il giurì dello Iap scrive tra l’altro: “Anche se la metafora donna-macchina esiste, senz’altro l’automobile viene ‘innalzata a donna‘”.

A questo punto un’utente del gruppo facebook ““La pubblicità sessista offende tutti” ha suggerito di promuovere una petizione.

“Non è più tollerabile che si mercifichi la donna perché questa operazione è umiliante per tutti. Spero che vorrete firmare in molti e molte, più alto sarà il numero di firme e più sarò ascoltata quando contatterò telefonicamente l’Ufficio stampa della Fiat e l’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria”. Il testo completo della petizione lo trovate QUI.

Di Annamaria Mariotta, tratto da www.comune-info.net


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La migliore è fosforescente

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La notizia non è nuova, ma a me è arrivata da poco e suppongo ci siano altre che non la conoscono. Perciò. Donne, ascoltate: voi non lo sapete ancora, ma non è sufficiente arricciarvi i capelli se li avete lisci, stirarli se li avete ricci, e diventare bionda se siete mora e viceversa, e sterminare ogni pelo che osi crescervi addosso, e avere abbronzature caraibiche se siete bianche e usare sbiancanti per la pelle se siete nere… ecco, quasi ci siamo. E’ stato finalmente scoperto un altro vostro difetto. Più esattamente, un difetto della vostra vagina: vi è magari già stato detto che è troppo grande, troppo umida, troppo pelosa, ecc., ma di sicuro non vi era ancora stato detto che è anche troppo scura.yoni-mudra

Ebbene sì. Va candeggiata, ossigenata, schiarita. Più il suo colore tende al niveo, più gli uomini vi ameranno. Lo spiega la pubblicità di un prodotto indiano, un detergente chiamato “Clean and Dry Intimate Wash”. Una coppia sta prendendo il caffè del mattino: lui legge il giornale ed è talmente disgustato che non riesce a guardare la donna, e non ce la fa nemmeno a guardare la tazzina di caffè (che probabilmente gli ricorda per colore e presenza di liquido quell’orrenda cosa marroncina che lei si porta dietro negli slip). L’atmosfera è pesante. Niente niente c’è all’orizzonte un divorzio.

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‘No woman no drive’, il remake a sostegno delle donne saudite

Lui è l’artista e attivista saudita per i diritti Hisham FaKeeh. Nel giorno in cui alcune donne si sono messe al volante, sfidando il divieto imposto in Arabia Saudita il 26 ottobre, ha voluto esprimere la sua solidarietà con una parodia che già spopola su youtube. È una propria interpretazione della nota canzone ‘No woman, no cry’ di Bob Marley cambiata in: ‘No woman, no drive’.

Pubblicato da www.rainews24.rai.it


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“Giustizia per Liz”: in centinaia a Nairobi chiedono l’arresto degli stupratori

“Rispetto, dignità, giustizia”: sono queste le parole che in centinaia hanno scandito a Nairobi. In Kenya è montata l’indignazione per la storia di Liz, pseudonimo della sedicenne violentata a giugno da un gruppo di giovani e poi gettata in una latrina. Per i responsabili della violenza, tanto atroce da costringerla oggi su una sedia a rotelle, l’unica punizione è stata tagliare l’erba della stazione di polizia.

“Vogliamo che sia fatta giustizia, tagliare l’erba non è una pena e vogliamo che il governo del Kenya si faccia carico delle spese mediche di Liz,” dice una manifestante. “Sono venuta qui con le mie sorelle per ribadire che gli uomini che commettono violenza sulle donne non possono restare impuniti. Questo vogliamo dire oggi,” le fa eco un’altra. Nel corteo ci sono anche molte presenze maschili perché, come dice un uomo: “Questo è un problema che ci riguarda tutti e dobbiamo unirci per dire no alla violenza di genere.”

1milione e 300mila hanno già firmato la petizione on line affinché gli stupratori siano arrestati e processati. La campagna “Giustizia per Liz” è stata lanciata dall’attivista per i diritti delle donne a Naironi Nebila Abdulmelik che ha indetto la manifestazione. Una protesta che sotto il nome Liz porta anche quello di tutte le altre giovani violentate. Storie che, spesso, restano insabbiate.

Articolo pubblicato il 31 ottobre 2013 da it.euronews.com